domenica 1 gennaio 2012

Decimo Mese Del Terzo Anno Dopo il Decreto

#IL MIO RITORNO
L'ho sfogliato a lungo in questi giorni che sono sempre o quasi a casa di Vanadiel la notte. Il mio diario, le mie confessioni più intime, i miei desideri più nascosti, il mio cuore, la mia anima.. il mio essere.
Se dovessi raccontare quanto mi è accaduto in questi mesi credo che passerei giornate e nottate intere a non staccare la matita dal foglio.
Sono morta.
Ero un'anima.
Sono tornata.
Ero un'Asservita, ovvero una serva dell'Equilibrio, ad uso e consumo dei Guardiani dell'Oltretomba.
Poi Aivod mi ha riscattata e lì è iniziato il mio calvario o la mia ascesa, dipende dai momenti o dalle situazioni: non ricordavo nulla, né il mio nome, né il mio volto, né quello che ero stata. Il Leone mi ha detto come mi chiamavano e che avevo una vita davanti da vivere.
Ma come si fa a guardare al futuro se ti volgi indietro e non c'è nulla?
Ho passato settimane intere a chiedermi cosa avessi costruito, chi ero, mentre vedevo gli amici cercare nei miei occhi quella Haze che la morte aveva strappato loro.
È stata una china impervia e lenta da risalire, con sofferenza mia e di chi mi era vicino.
Ho visto i miei amici pazientare, avere fiducia in me, rispettare quello che era tornato indietro dall'Oltretomba, una me stessa così confusa da non ricordare nemmeno il proprio colore degli occhi. Ma ho visto anche la premura, il timore di aver perso qualcosa, la bontà di non curarsi di altro che della mia tranquillità.
E poi ho visto due occhi caldi e avvolgenti, di un intenso color cioccolata, una voce che mi ha scosso fino a farmi rimanere senza fiato mentre le note infuocate si avvolgevano intorno a me come una intensa protezione.
Vanadiel.
Con il senno di poi, se ripenso a quei momenti in cui a lui pareva di vedere un fantasma, poi un orribile scherzo ai suoi danni, infine l'accettazione di ciò che i suoi sensi percepivano, per lasciarsi infliggere ripetute pugnalate, che lo sgretolavano sempre di più.
Non so chi sei.
Non ti ricordo.
Io stessa non avrei mai preso la cosa bene: io forse avrei addirittura esagerato come sempre, quindi non mi stupisco nè di come ci siamo "presi" nè di come ci siamo "lasciati" al nostro primo incontro.
La fuga mi sembrava l'unica cosa quando lui mi ha chiamata con quel nomignolo, testa di fiamma. La sua voce è diventata un'ossessione piacevole fino ad essere bollente per quel primo bacio che ricordavo esserci dati.
I miei ricordi sono arrivati in blocco, recuperati a scaglioni grazie agli intensi allenamenti con la spada o con l'arco a cui mi sottoponevo concentrandomi talmente tanto da riuscire a dipanare quella cacofonia di suoni, quel maelstrom di immagini, quel caos di emozioni.
Ho ricordato.
Sono tornata.
In parte la stessa di sempre, in parte alterata, in parte evoluta.
La morte ti cambia, si dice.
La morte ti priva di tanto, io rischiavo di perdere di più di una possibilità di essere felice. Rischiavo di non tornare più per davvero.
E ora quando sfoglio questo diario e vedo un buco temporale, vorrei metterci un disegno, una foglia, una pezzo di me, per non dover più sentire il vuoto della memoria, perchè ora finalmente, so chi sono.
E cominciamo dall'inizio: non mi chiamo Haze, ma Neala... Neala Fangor.